Il gelido inverno del 1945 è ormai alle spalle. Lo sciopero generale del 28 marzo ha dato il via a un’ondata inarrestabile di proteste e agitazioni che, dai primi giorni di quel mite e soleggiato aprile, si espandono in tutto il Nord Italia. Nel nostro Settore urbano, sono coinvolte l’Alfa Romeo, l’ATM, la Borletti e la De Angeli Frua. Il giorno seguente, con l’insediamento del Comitato Esecutivo Insurrezionale, composto da Pertini (PSIUP), Sereni (PCI) e Valiani (PdA), tutto è pronto per l’Insurrezione e l’imminente Liberazione. Secondo un calcolo più indicativo che preciso, compiuto dal maggiore organo politico di governo clandestino, il CLNAI, in questo momento Milano è presidiata da circa 7mila fascisti in armi (Muti, Brigate Nere, GNR, Decima Mas, Polizia, Esercito e Aeronautica) e 11mila tedeschi di stanza presso il locale presidio militare (comprese le SS italiane) al cui vertice troviamo Karl Wolff. Al pari di Berlino, l’altra capitale dell’Asse, Milano è sull’orlo dell’assedio: ultimo rifugio per coloro che hanno sostenuto fino all’ultimo la visione di un’Europa hitleriana e che ora cercano disperatamente una via di scampo.
Anche i principali organismi della Resistenza italiana sono concentrati in città, mentre nel nostro territorio le forze partigiane raggiungono livelli mai visti prima. In questo momento si stimano 813 unità nel Settore Ticinese, 1.647 nel Settore Magenta e 1.579 nel Settore Sempione. Al momento dell’Insurrezione, anche le formazioni della provincia dovranno convergere su Milano: nel Settore Magenta, attraverso Settimo Milanese, dovranno affluire le formazioni riunite sotto il Comando unificato Magenta. Nel frattempo, nei Settori Sempione e Magenta nasce, per gemmazione, la 121ª SAP Garibaldi, con distaccamenti operativi presso le fabbriche Allocchio & Bacchini, Isotta Fraschini, Triplex, Guilliet e Telemeccanica. Nei Settori Magenta e Ticinese prende invece forma la 122ª SAP Garibaldi, con presidi alla Borletti, alla Riva e alla Tallero. Anche tra le Brigate Matteotti si assiste a una gemmazione: dalla 44ª nasce la 45ª, che assume come zona operativa l’asse di via Novara.

Baggio, maggio 1945. I rappresentanti e i collaboratori del CLN rionale “Milano-Magenta-Baggio” nella fila bassa a partire da sinistra: Carlo Boni “Colombo” e Nino Soncini (Partito Repubblicano), Giovanni Balestri “Italico” (Partito Socialista), Angelo Corti “Rosa” (Partito Comunista) e Vittorio Dell’Era “Ugo” (Democrazia Cristiana). Nella fila superiore, al centro il socialista Cesare Stovani (già sindaco di Baggio) accanto a lui Giuseppina Locatelli o Renata Agosti (Unione Donne Italiane). I restanti quattro sono: Mario Balestri, Mansueto Meazza, Antonio Tagnocchettti e il professor Giulio Cesare Soncini o Gandini.
Da un lato c’è il rischio di trasformare la città in un campo di battaglia, prospettiva che l’arcivescovo Schuster tenta con ogni mezzo di scongiurare. Dall’altro prende forma un rocambolesco piano ideato dal federale Costa, il cosiddetto Ridotto Alpino Repubblicano (RAR): che prevede la ritirata e il concentramento delle forze fasciste in Valtellina, per resistere fino all’ultimo in attesa dell’evoluzione del conflitto europeo. Nel caos degli ultimi giorni, si tenta un’ultima, disperata operazione politica: la creazione di un partito alternativo al Partito Fascista, con un’ispirazione socialista e un’apertura verso l’antifascismo. È il Raggruppamento Nazionale Repubblicano Socialista (RNRS), guidato da Edmondo Cione, un tentativo estremo da parte del regime di dare una nuova legittimità alla morente Repubblica Sociale.
Il 5 aprile 1945 il Comando generale dell’esercito partigiano, il CVL, diffonde un appello a tutti i patrioti: “L’ora della resa dei conti è imminente per gli occupanti tedeschi e i traditori fascisti. Popolo italiano in piedi, per la libertà e l’indipendenza della patria!”. Il giorno seguente, a Figino, le Brigate Nere giustiziano nei campi Luigi Negri, un contadino di 19 anni, probabilmente renitente e in contatto con le formazioni Matteotti che operano lungo via Novara. Questo mese, nel sistema concentrazione tedesco, anch’esso prossimo al collasso, trovano la morte svariate lavoratrici e lavoratori arrestati nel nostro territorio, alcuni coinvolti nelle agitazioni dell’anno precedente. Per brevità ci limitiamo a riportare i loro nomi, rimandando ad altra fonte le loro biografie: Adriano Passerini di Baggio (Mauthausen, Gusen – 3 aprile), Aramis Croci di San Siro (Buchenwald – 9 aprile), Giuseppe Galli di Quinto Romano (Dachau – 9 aprile), Carlotta Thomas Bassis di Lorenteggio (Bergen Belsen – 10 aprile), Antonio Folci abitante in zona De Angeli (Mauthausen, Steyr – 15 aprile), Ambrogio Casati di Baggio (Mauthausen, Gusen – 26 aprile).
Gli eventi si susseguono a un ritmo sempre più serrato e ogni giorno è connotato da un fatto epocale. Il 9 aprile 1945 ha inizio la grande offensiva alleata sul fronte appenninico e su quello ravennate: con gli angloamericani sono schierati polacchi, brasiliani, la Brigata ebraica e i reparti dell’Esercito Cobelligerante Italiano: gli obiettivi sono Bologna e Ferrara. Il giorno seguente il foglio comunista “La Nostra lotta” pubblica le direttive del PCI sull’Insurrezione, elaborate da Longo, comandate delle Garibaldi che si concludono con la celebre formula: L’ora dell’attacco finale è scoccata. […] Nelle città i GAP e le SAP devono attaccare e abbattere senza pietà quanti gerarchi fascisti possono raggiungere, […] quanti nazifascisti e repubblicani che restano sordi all’intimazione delle Patria di arrendersi o perire. In tutta la cintura operaia della città, Baggio compresa, si stanno costituendo i CLN rionali con la compartecipazione di tutti i partiti antifascisti.
Il 12 aprile 1945 muore Roosevelt, il presidente degli Stati Uniti. Per i fascisti la sua scomparsa potrebbe aprire nuovi scenari: considerato il principale artefice dell’alleanza tra le potenze occidentali e Stalin, la sua morte lascia sperare in una possibile revisione degli equilibri internazionali. C’è chi immagina perfino una rinegoziazione degli accordi di Jalta e una frattura nell’alleanza antifascista in Italia e in Europa. Il 19 aprile si registra un’incursione alleata sul territorio della provincia di Milano, le vittime sono tre: è l’ultimo attacco aereo che Milano ha subito nella sua storia. Quel giorno è però segnato dall’arrivo di Benito Mussolini in città. È scortato dalle SS per impedirgli la fuga verso una qualsiasi nazione neutrale. Da mesi stava meditando di lasciare il Lago di Garda e non è stato facile scegliere dove alloggiare il capo di uno Stato arrivato al suo epilogo e la sede del Governo che dovrebbe rappresentarlo.
Mentre a Berlino Hitler è rinchiuso in un bunker, a Milano Mussolini è ospite nel palazzo della prefettura di corso Monforte. L’attività è febbrile: per un’intera settimana, con l’unica eccezione del 23 aprile, non lascerà mai quell’edificio, attraversato da un via vai di personaggi e personalità. Proprio qui si tiene l’ultimo Consiglio dei ministri della RSI, aperto con parole inequivocabili: La situazione è grave, estremamente grave. Ed è sempre qui che, la mattina del 22 aprile, Mussolini riceve la notizia della caduta di Bologna e Modena, insieme agli allarmi sulle imminenti agitazioni nelle grandi fabbriche dell’Italia settentrionale. La situazione sta precipitando. Milano è isolata: le linee telefoniche della STIPEL con Cremona, Mantova e Piacenza sono interrotte.

Zona Fiera, fine aprile / primi di maggio 1945: foto di gruppo che rappresenta le componenti del Gruppo di Difesa della Donna di Baggio. Da sinistra: la seconda Emma Quinteri, la quinta Gianna Beltramini, la sesta Piera Gorla, la settima Renata Cedronelli, l’ottava Nuccia Garvaglia, la tredicesima Armanda Pavesi. Da Archivio Fondazione Anna Kuliscioff.
Vogliamo iniziare il racconto dell’Insurrezione da una storia, quella di Gina Galeotti. Ragioniera e organizzatrice dei Gruppi di Difesa della Donna, si sta recando all’ospedale di Niguarda per far visita ad alcuni partigiani ricoverati sotto falsa identità. Lungo il tragitto, un camion tedesco in fuga da un posto di blocco del CVL apre il fuoco: Gina viene colpita a morte. È incinta di otto mesi. Sempre a Niguarda, quella sera, un gruppo di gappisti assalta la caserma locale della GNR, catturando i militi e sequestrando le armi. Contemporaneamente, in via Dolci, uomini della 21ª Brigata del Popolo occupano la scuola Cadorna, dov’è acquartierata una guarnigione di novanta soldati tedeschi, che vengono disarmati e posti in attesa dell’arrivo degli Alleati. Sono i primi fuochi dell’Insurrezione, inizialmente fissata per il 26 aprile, ma ormai prossima.