Siamo forse arrivati nel momento più cupo, almeno dal punto di vista locale, di questa storia. La Liberazione dalla guerra, dal fascismo repubblicano e dalla pressione dell’occupante tedesco tanto attesa alla fine dell’estate non è arrivata. Il 2 ottobre 1944 le truppe Alleate, guidate dal generale Alexander, avevano tentato di sfondare la Linea Gotica puntando su Imola ma, a causa della tenace difesa, l’offensiva si era arrestata il 27 ottobre a pochi chilometri da Bologna. Intanto, il 20 ottobre, con l’obiettivo di colpire i principali centri industriali milanesi i bombardieri della USAAF avevano provocato la morte di centinaia di civili, molti dei quali bambini, in diversi quartieri della città. Quasi contemporaneamente quell’importante presidio territoriale, da cui avrebbe potuto iniziare un’azione di Liberazione più vasta, chiamato Zona Libera dell’Ossola cade il 23 ottobre sotto la pressione delle forze della Repubblica Sociale Italiana costringendo molte delle persone coinvolte alla fuga in Svizzera.

E mentre le giornate si accorciano e i primi freddi stagionali incombono, nel tardo pomeriggio del 13 novembre 1944, dall’emittente “Italia combatte”, la stazione radio attraverso la quale il comando anglo-americano mantiene i contatti con le formazioni inquadrate nel CVL, Alexander proclama ai patrioti la fine della campagna estiva e l’inizio di quella invernale. È una “doccia fredda” per i comandanti delle formazioni partigiane che, dopo una faticosa fase organizzativa, si vedono costretti a cessare l’attività offensiva per ritirarsi in una fase difensiva. Procurarsi rifornimenti, viveri e indumenti in un’economia già fiaccata dai coprifuochi, dalla fame e dal freddo senza l’assistenza degli aviolanci si preannuncia un compito arduo. Approfittando della situazione, le forze nazifasciste si riorganizzano e si focalizzano sullo smantellamento delle formazioni partigiane, mentre inaspriscono pratiche terroristiche già diffuse contro la popolazione civile. Nonostante tutto, tra il 13 e il 20 novembre, i Gruppi di Difesa della Donna e il Fronte della Gioventù riescono a promuovere capillarmente anche nel nostro territorio, attraverso la stampa clandestina, la “Settimana del partigiano”, un’iniziativa finalizzata alla raccolta di fondi, vestiario e libri da consegnare alle formazioni di montagna.

Tra i caduti di questo periodo del nostro Settore ricordiamo Giorgio Borgato, studente milanese residente in via Panizza: dopo un’avventurosa fuga dalla città trova riparo in Svizzera per rientrare dalla Valle d’Aosta dove si occupa di presidiare i valichi di confine. Proprio a ottobre ottiene il permesso di trasferirsi presso una formazione Garibaldi nelle valli torinesi qui, il 18 novembre 1944, al termine di un’azione a Susa, s’imbatte in un’autocolonna tedesca che apre il fuoco uccidendolo. Intanto a Milano, la notte tra il 15 e il 16 novembre 1944, due giorni dopo il proclama Alexander, le strade della città sono teatro di una brutale azione repressiva e intimidatoria ai danni di quattro partigiani che vengono arrestati nelle proprie case e assassinati in quattro differenti punti della città. Tra questi si trovano il socialista Gregorio Piluso, residente in viale Famagosta, e Giuseppe Borella, residente in via Faenza, entrambi inquadrati nella 42a Brigata Matteotti, operante nel Settore Ticinese. Così come nel tessuto del centro urbano anche i quartieri periferici e la campagna più prossima sono presidiati dalle organizzazioni repressive della RSI, in particolare dall’8a Brigata Nera “Aldo Resega” e dalla Legione autonoma mobile “Ettore Muti”. Il 24 novembre un giovanissimo contadino di Figino, Giuseppe Ghezzi, probabilmente renitente alla leva, è ucciso durante un’azione di perquisizione nelle campagne. Il giorno successivo la repressione raggiunge le ex Case Minime, presso via delle Forze Armate 179, qui viene fermato e ucciso presso il proprio domicilio Luigi Alò, il quale doveva aver messo a disposizione la propria abitazione come centro di smistamento e raccolta di materiale per il Comando Giustizia e Libertà di Milano.

Infine, il 29 novembre 1944 si registra uno dei rastrellamenti organizzati dalla Guardia Nazionale Repubblicana con l’appoggio di elementi della “Muti” dagli esiti più luttuosi condotto nelle campagne attorno a Baggio. In questa operazione, i cui atti dettagliati sono conservati presso l’Archivio di Stato di Milano, vengono intercettati Giordano Rosetta e Giuseppe Ventra, entrambi in contatto o inquadrati nella 169a SAP Garibaldi, che operava territorio abbiatense. Costretti alla fuga in aperta campagna, il primo viene ucciso ai margini della strada che collega Baggio con Quinto Romano e il secondo nei pressi della cascina Assiano. Le liberazioni di Ravenna e Faenza, del dicembre 1944, sono l’ultimo sussulto prima della stasi invernale.